La portata fondamentale dell’articolo 2 della Convenzione

Al fine di essere riconosciuto nel nostro ordinamento, il trust deve rispettare le prescrizioni della Convenzione de L’Aja.

Questo vale non soltanto per il trust interno istituito in Italia, atteso che il nostro è un Paese non-trust, essendo privo di una legislazione interna in materia, ma anche per il trust istituito all’estero che abbia “interessi” in Italia (perché, ad esempio, nel patrimonio in trust vi sono beni immobili situati nel nostro Paese).

Importanza fondamentale da questo punto di vista ha l’articolo 2 della Convenzione, che individua i requisiti che il trust deve avere per essere riconosciuto nell’ambito convenzionale.

La disposizione stabilisce che, ai fini della Convenzione, per trust si intendono “i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente – con atto tra vivi o mortis causa – qualora dei beni siano posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato”.

Il trust viene quindi definito come un rapporto giuridico (e da questo si evince, innanzitutto, che il trust non ha un’autonoma personalità giuridica), che può essere istituito con un atto tra vivi o mortis causa (in quest’ultimo caso si parla di trust testamentario).

La disposizione individua poi quelli che sono i “protagonisti” fondamentali del trust: il disponente, che trasferisce dei beni al trustee ponendoli sotto il suo controllo, a favore di un beneficiario o per la realizzazione di un determinato fine (l’utilizzo dei termini al singolare, evidentemente, non pregiudica la possibilità che vi possano essere, e normalmente vi saranno, più disponenti, trustees e beneficiari).

Emerge un’ulteriore fondamentale aspetto: la distinzione cioè fra trust per beneficiari e trust di scopo.

L’articolo 2 prosegue individuando quelli che sono gli elementi che caratterizzano il trust:

– i beni in trust costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee;

– sono intestati al trustee o ad altro soggetto per conto del trustee;

– il trustee è investito del potere e contemporaneamente onerato dell’obbligo di rendere conto, di amministrare, gestire o disporre in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme di legge imposte al trustee.

Il fatto che il trustee controlli i beni in trust, come indica la disposizione, comporta che non può essere considerato un mandatario né del disponente né dei beneficiari, ma piuttosto è fiduciario della realizzazione dell’affidamento e le sue obbligazioni sono indirizzate a questo e non verso il disponente.

Il trustee diventa proprietario dei beni, ma la segregazione patrimoniale del fondo in trust riguarda tanto il disponente quanto il trustee: il fondo forma una massa che deve essere considerata distinta rispetto al patrimonio personale del trustee stesso.

La parte finale dell’articolo 2 indica come “Il fatto che il disponente conservi alcuni diritti e facoltà o che il trustee abbia alcuni diritti in qualità di beneficiario non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust”.

Il disponente potrebbe essere anche il trustee, e allora si parla di trust autodichiarato (fattispecie legittima, nonostante alcune pronunce abbiano sostenuto il contrario, ma generalmente inopportuna).

Il disponente potrebbe essere anche beneficiario del trust (perfino l’unico beneficiario, purché in questo caso non sia anche nel contempo trustee).

Questo aspetto però, all’atto pratico, andrà valutato con attenzione anche alla luce delle implicazioni che può avere dal punto di vista della valutazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, che considererà quel trust interposto, ricollegando quindi gli effetti fiscali al disponente, così come di un giudice chiamato a vagliare la legittimità del trust.